Ho
udito il grido del mio popoloÂ… e mando te!
Commento
a Esodo 3. 
Isarele
in Egitto (Es 1,6-7). Muore
Giuseppe, il popolo di Israele vive numeroso e prospero in Egitto.
Ma c’è un mutamento storico: cfr.
Es 1,8. Adesso, il potere del faraone opprime il popolo ebreo.
Il sistema di oppressione egiziano non può tollerare la presenza di
un popolo straniero che diventa sempre più numeroso e più forte. È
la paura della perdita dei privilegi, del potere, del controllo
e del dominio sulla popolazione per approfittare dei suoi servizi.
C’È
UNA STRORDINARIA ASSONANZA TRA LA SITUAZIONE DÂ’ISRAELE IN EGITTO E
LA CONDIZIONE DEGLI STRANIERI NEL NOSTRO PAESE!
Si
vuole concentrare la ricchezza in poche mani escludendo la
maggioranza del popolo. Di fronte allo “scandalo” dello
straniero che vive decentemente e bene inserito bisogna prendere dei
provvedimenti (cfr. 1,10). Ma
il potere tirannico del faraone non fa i conti con il potere della
speranza dell’uomo, di un popolo che è scelto da Dio perché
ultimo tra tutti i popoli. L’oppressione a cui è sottoposto
Israele diventa il motivo per la lotta di resistenza, unendosi ancor
di più attorno al progetto di liberazione. Qui,
la proposta di Dio è
veramente forte, sconvolgente: prende parte, si schiera, si pone in
cammino con i più poveri, gli oppressi, gli esclusi. Non solo.
Li colma di benedizioni (cfr.
1,12). Israele è benedetto da Dio e maledetto dal faraone. Ma
la situazione degenera. LÂ’oppressione del faraone diventa
intollerabile. (cfr. 1,14). Quando Mosè entra sulla scena, la situazione del suo
popolo è questa: oppresso e dominato dal potere egiziano. Ecco
perché Dio non può restare indifferente. E’ tempo che Lui stesso
si occupi del suo popolo (cfr.
2,23-25). Questo è il nostro Dio. E’ colui che VEDE, che
ASCOLTA, che si ricorda dei suoi patti, dell’ALLEANZA; è il Dio
che si preoccupa, che si lega alla sua gente, che si attacca
visceralmente al suo popolo e se ne prende cura. Il nostro Dio è il Dio dei vivi non dei morti. Il nostro Dio, il
Dio della Bibbia, non resta indifferente alla situazione del suo
popolo. E ogni popolo oppresso, sfruttato, maltrattato, sottomesso
è il popolo scelto da Dio. E’ il resto d’Israele che diventa
pupilla del suo occhio. Allo stesso modo, non possiamo immaginare
che Dio oggi non faccia altrettanto, che non si faccia carico delle
sofferenze di molti popoli oppressi dalla miseria,
dall’esclusione, dall’indifferenza del resto del mondo. Perché,
molti faraoni, ancora oggi, prendono “severi provvedimenti”
contro i nuovi Israele schiavi nellÂ’Egitto moderno.
“Si
io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, di Isacco, di
Giacobbe. Io ho udito il grido del mio popolo che si alza dai monti
Nuba del Sudan. Ho udito il pianto dei bambini del Nord Uganda. Ho
udito il grido dei dissidenti politici dellÂ’Algeria, del Marocco.
Ho udito il grido di sofferenza dei malati di AIDS in Kenya,
in Zambia. Ho udito il grido dei clandestini in balia delle onde
dello stretto di Sicilia, in fuga dal Ghana, dal Senegal, dalla
Somalia. Si, io sono il Dio della vita, che non resta indifferente
davanti allÂ’ingiustizia, allÂ’esclusione, alla violenza che
soffoca il mio popolo d’Africa”. Si Dio si prende pensiero della
sorte del suo popolo (cfr.
2,25).
(Domanda)
Ed io, di chi mi prendo cura oggi nella mia vita? Riesco ad
ascoltare il grido degli oppressi che sale dai bassifondi
dell’umanità ?
Ecco
allora lÂ’azione di Dio nella storia.
Il Signore sa che il suo popolo ha bisogno di qualcuno che lo guidi
verso la libertà , che lo conduca fuori dallo condizione di schiavitù.
Il
Signore Dio chiama allora Mosè (cfr.
3,1-6), un uomo vecchio (80 anni), che vive come pastore,
insignificante agli occhi del suo popolo (che ha abbandonato
fuggendo per paura degli Egiziani). Quando Dio ascolta poi opera secondo un progetto di liberazione.
EÂ’
Dio che trova Mosè
nel deserto, dopo che si era sposato con una bella ragazza, aveva
avuto tre figli e se ne stava a pascolare il suo gregge quieto e
tranquillo. Ȓ Dio che va
a prendere Mosè e gli dice “Mosè! Ho udito il grido del mio
popolo!”. E’ Dio che ascolta il grido del suo popolo e non Mosè, non noi.
Ed è qui il cuore della rivelazione dellÂ’Esodo, la novitÃ
radicale, il cuore dell’esperienza biblica e di Gesù in Galilea:
Dio appare come il Dio degli schiavi, degli oppressi, è colui che
ascolta il grido che nessuno ascolta, è il Dio di tutti gli
emarginati. È il loro Dio. Ed è Lui che vuole salvare il suo
popolo da questo calvario. Quello che il popolo aveva cresciuto
perché li salvasse era già scappato. E’
Dio che rimanda Mosè in Egitto ad iniziare la lotta di liberazione
per il suo popolo. (Alex
Zanotelli, Leggere
lÂ’impero.)
EÂ’
il sogno di libertà da ogni oppressione e schiavitù (cfr.
3,8).
(Domanda).
Ma allora, chi è Dio per me, oggi? Quale rivelazione, quale
presenza del Dio della storia nella mia vita? EÂ’ lo stesso Dio che
libera dall’oppressione, dalla schiavitù del peccato di
omissione? Dove incontro il roveto ardente dal quale sale come una
supplica la voce di Dio che mi chiama per nome?
Dai
sotterranei della storia, dai popoli dellÂ’Africa in fuga verso
lÂ’eldorado dellÂ’Europa consumistica e egoista, dagli oppressi e
dimenticati dei sud del mondo sale un grido di denuncia che mi
interpella. E il Dio dei nostri padri accoglie proprio questo grido.
Sta qui lo stupore e la
meraviglia dell’agire di Dio: non sceglie i più valenti, i più
bravi. Sceglie l’apparente inutilità di Mosè. Sceglie me,
sceglie te, sceglie noi. La novità assoluta sta nel fatto che il
Dio di Abramo è il nostro, il mio, il tuo Dio, quello che cammina
con noi: cfr. 3,12! Dio
si manifesta come colui che cammina con il suo popolo,
l’Emmanuele, il Cristo Gesù di Nazareth.
LÂ’invito
rivolto a Mosè è lo stesso che è rivolto oggi a me, a te. Il tempo è “adesso, non domani!”. Ora è il kayròs, il momento propizio. Questa è l’occasione, non ce
n’è un’altra! Sulle orme del sogno di un uomo appassionato per
lÂ’Africa come Daniele
Comboni (Se avessi mille vite, le donerei tutte per lÂ’Africa! O Nigrizia o
morte!), che ha fatto dellÂ’Africa e del suo popolo una scelta
di vita. EÂ’ tempo di fare
anche noi la nostra scelta preferenziale per lÂ’Africa. Questo
è il tempo giusto per dare voce al continente africano e alla sua
gente! Non possiamo nasconderci dietro le nostre fragilità , le
nostre debolezze. Dietro le stesse obiezioni che hanno rallentato
l’azione di Mosè (cfr.
3,11-15).
Perché
il grido dei bambini soldato dellÂ’Uganda;
il dolore del popolo centrafricano dilaniato dalla guerra civile; la
sofferenza dei baraccati degli slums
di Nairobi aspettano la nostra risposta: “Eccomi,
manda me!”. Qui nella mia comunità , nella mia città , sui
sentieri dell’umanità . Dobbiamo ascoltare la passione che anima
il nostro cuore e ci sospinge verso lÂ’utopia. Certo,
sei giovane, ma puoi lo stesso giocarti la vita fino in fondo.
Giovane,
parlo al tuo cuore. Non avere paura di ciò che il Signore Gesù può
chiederti da quel roveto ardente che senti bruciare dentro di te.
Giovane
non avere paura di giocarti fino in fondo per Cristo, nelle Galilee
della tua storia, nelle periferie della tua vita.
Giovane,
non avere paura delle tue debolezze e contraddizioni, perché è
nella nostra pochezza che si rivela la potenza dell’Abbà .
Giovane,
proviamo a credere insieme nell’utopia. C’è un popolo che
incontri tutti i giorni nella tua vita. Il popolo degli esclusi e
emarginati, ancora schiavi del potere dei faraoni del nostro tempo.
Questo popolo ci chiama. Ti chiama. Sei tu il Mosè che Dio manda.
Giovane,
c’è bisogno della tua risposta perché non ce n’è un’altra.
È la tua quella che questo mondo attende, che l’Africa aspetta.
Dio
ha udito il grido del suo popolo, e manda me e manda te
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