Mt 5,1-16: Oppio o Adrenalina?
Gim Padova, novembre 2010
L’intelligente sceglie la felicità
Puoi ritenerti veramente intelligente sulla base dello stato d’animo in cui decidi di affrontare le circostanze difficili. Nella vita, tutti abbiamo da combattere grosso modo le stesse battaglie. A meno di non vivere avulsi da un qualsiasi contesto sociale, tutti incontriamo difficoltà che si assomigliano. Disaccordi, conflitti, compromessi, fanno parte di ciò che si intende per appartenere al genere umano. E anche il denaro, la vecchiaia, la malattia, la morte, le catastrofi naturali, le disgrazie, sono tutti eventi che pongono dei problemi a praticamente tutti gli esseri umani. Malgrado tali eventi, però, alcuni riescono ad evitare l’abbattimento e l’infelicità paralizzanti; altri invece crollano, cadono nell’inerzia, o vittime di un “esaurimento”. Quelli che riconoscono che i problemi fanno parte della condizione umana, e che non misurano la felicità dall’assenza di problemi, sono gli esseri più intelligenti che si conoscano, e sono anche i più rari. Imparare a dirigere se stessi comporta tutto un nuovo processo mentale, il quale può rivelarsi difficile perché, nella nostra società, troppe forze cospirano contro la responsabilità individuale. Devi contare sulla tua capacità di sentirti emotivamente come tu scegli di sentirti in un dato momento della tua vita”. (Wayne W. Dyer)".
Beati, benedetti, felici VOI!
Per Wayne l’intelligenza è legata alla capacità di scelta del migliore stato d’animo nell’affrontare le circostanze difficili della vita, in altre parole scegliere di vivere una vita felice ogni giorno, malgrado non tutto ci dia motivo per essere felici.
Nel discorso di Gesù c’è di più: c’è l’invito alla COMUNITÀ “Beati voi”. Si tratta di assumere una scommessa come comunità: prendersi a cuore il bene e il benessere degli altri, adoperarsi per eliminare le cause della povertà rinunciando ai falsi valori dell’avere, del salire, del comandare, che sono la causa della rivalità, dell’inimicizia, dell’odio tra gli uomini. Così che non ci sia nessun bisognoso, nessun impoverito, nessun oppresso.
Dio vuole la felicità di TUTTI, non solo di alcuni. A Dio sta a cuore la felicità, la vita piena di tutti qui su questa terra, ora; gli sta a cuore una vita dignitosa, rispettosa e abbondante per tutti. Assumerci anche noi questo sogno è un scelta intelligente. Quanti compiono questa scelta rendono immediatamente il regno di Dio.
Le beatitudini sono la risposta alle attese del popolo d’Israele
e il programma di ogni comunità cristiana
Per Matteo le otto beatitudini subentrano al decalogo, cioè, le dieci parole dell’alleanza di YHWH con Israele (Dt 4,13). Come Mosè salì sul monte per ricevere dal Signore le parole dell’alleanza, così Gesù sale sul monte e proclama la nuova alleanza che permetterà la realizzazione del regno di Dio. Mentre l’alleanza di Mosè era caratterizzata dall’obbedienza alla Legge di Dio, quella di Gesù si baserà sull’assomiglianza all’amore del Padre.
Le beatitudini sono otto composte da settantadue parole. I numeri sono significativi: otto è in relazione con l’ottavo giorno della settimana (Mt 28,1), e settantadue è il numero conosciuto dei popoli della terra. Mentre la Legge di Mosè era un’alleanza esclusiva tra Dio e Israele, le beatitudini sono l’alleanza del Signore con tutta l’umanità. L’osservanza del decalogo avrebbe consentito agli israeliti lunga vita in questa terra. La pratica delle beatitudini consente ai credenti di avere una vita di una qualità tale, da superare la morte!
Israele sognava un futuro di splendore dominando su tutte le nazioni, dove i popoli stranieri sarebbero stati al suo servizio come schiavi, e dove la ricchezza avrebbe abbondato. La venuta del Messia avrebbe dovuto garantire la realizzazione di questi sogni … ma la proposta di Gesù (un Messia non secondo le loro attese) capovolge radicalmente quella mentalità. La prima beatitudine è la scelta fondamentale del discepolo e tutte le altre ne sono conseguenze.
“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”
Gesù proclama beati coloro che compiono una scelta volontaria di povertà, Lui propone ai discepoli di seguirlo nella realizzazione del regno di Dio. Beati sono coloro che scelgono liberamente, volontariamente e per amore di prendersi a cuore la felicità e il benessere degli altri!
L’annuncio del Regno, la proclamazione della beatitudine, della felicità dei poveri, passa attraverso la spoliazione di Gesù, l’assunzione completa della dimensione di povero, di oppresso, di giusto perseguitato e nello stesso tempo indifeso. Nella Lettera ai Filippesi cap.2 si sintetizza tutto il cammino di Gesù per riscattare noi, la nostra dignità di figli. È un cammino di povertà dalla spogliazione della natura divina per assumere la condizione dello schiavo, facendosi uomo e annichilendosi fino all’umiliazione suprema della crocifissione. È come dire che non si può fare veramente giustizia, non si può essere realmente dalla parte dell’impoverito, dell’oppresso, dell’indigente, se non si è prima totalmente assunta questa realtà su di se, se non si è fatta oggetto di amore incondizionato, totale, capace di cambiare le sorti della storia e dell’umanità. Coloro che fanno tale scelta di povertà sono i beati perché: “di essi è il regno dei cieli” loro si prendono cura degli altri, si adoperano per la felicità degli altri e in questo modo Dio si prende cura di loro e questa è la loro beatitudine. La loro benedizione è la tenerezza del Padre che veglia su di loro e la loro totale fiducia rimessa nel Padre li sazia fino a scoppiare.
Quel regno che Gesù aveva annunciato come imminente, inizia a diventare realtà con il piccolo gruppo di quanti lo hanno seguito; non si realizzerà con la supremazia di un popolo sugli altri, ma ponendosi a servizio di tutta l’umanità.
Notiamo che tutte le altre beatitudini hanno i verbi al plurale, ma la prima è al singolare. Le altre beatitudini sono gli effetti possibili di questo regno. Se si fa la scelta radicale della “povertà per lo spirito”, cioè se si entra volontariamente nella condizione di povertà, allora gli oppressi, i diseredati vedranno la fine della loro afflizione e della loro oppressione e riscopriranno una dignità mai conosciuta prima.
Ma tutto ciò non sarà indolore!
“Beati gli afflitti, perché saranno consolati”
Isaia 61[1]Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, [2]a promulgare l’anno di misericordia del Signore, un giorno di vendetta per il nostro Dio, per consolare tutti gli afflitti, [3]per allietare gli afflitti di Sion, per dare loro una corona invece della cenere, olio di letizia invece dell’abito da lutto, canto di lode invece di un cuore mesto.
Le promesse di salvezza, di aiuto divino, riguardano tutti gli sventurati: la buona novella destinata ai “poveri”sembra destinata ad annunciare la stessa consolazione a tutti coloro che soffrono.
La consolazione è più di un semplice conforto, come sono le belle parole di chi sta bene a chi è nell’afflizione. Gli “afflitti!” dei quali parla il profeta, sono una categoria speciale, si riferisce al popolo oppresso. Da una parte c’è la dominazione pagana e dall’altra l’oppressione dei capi religiosi. Gli “afflitti” sono quelli che la società ha schiacciato dal punto di vista politico, religioso, sociale, quelli sono beati perché saranno “consolati”.
“Beati i miti, perché erediteranno la terra”
Cosa c’entra la mitezza con la terra? Il Salmo 37, 11 canta: “I miti invece possederanno la terra e godranno di una grande pace”. Quando il popolo d’Israele è entrato nella terra di Canaan, si divisero la terra. Nella cultura ebraica la terra è la vita, è la dignità di un uomo, se qualcuno non ci ha terra, non è nessuno. Nel giro di due o tre generazioni, i più furbi si impossessarono delle terre degli onesti e questi sono stati costretti a lavorare come braccianti nelle terre che prima erano di loro proprietà. Non mancavano persone pie, che stavano bene, e allora consigliavano gli impoveriti di lavorare per i ricchi, di stare buoni perché un giorno (non si sa quando) anche loro avrebbero ereditato un terreno.
La mitezza della quale parla la beatitudine non è la condizione morale del individuo. I miti non sono gli obbedienti agli oppressori. Il mite è il diseredato della terra e della dignità, non è l’umile, ma l’umiliato. I pii promettevano in eredità un terreno, ma l’evangelista dice che erediteranno la terra.
Gli umiliati ri-avranno dignità, vita, giustizia, rispetto, se qualcuno si mette al loro fianco e s’impegna per questa causa!
“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati”
Le due beatitudini precedenti sono riassunte nella terza: beati gli affamati e assetati di questa giustizia (oppressi, diseredati) quelli per i quali il bene degli altri è una questione vitale. “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” dice la scrittura, chi pensa che la sua felicità dipende da ciò che gli altri faranno per lui, allora non sarà mai felice. Felicità è scegliere di far felici gli altri!
“Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”
Gesù non proclama beati i pacifici, quelli che per mantenere la propria pace evitano accuratamente ogni situazione di conflitto, ma i costruttori di pace. Essi sono coloro che per la pace degli altri sono pronti a perdere la propria. L’impegno di restituire dignità agli oppressi e agli umiliati comporta inevitabilmente lo scontro con quanti li opprimono e li umiliano, e il rifiuto del sistema di potere che regola il mondo.
I potenti, che amano farsi scudo del nome di Dio per legittimare il loro potere, attraverso la pratica sistematica della menzogna, diranno “ogni sorta di male” conto di discepoli del Cristo.
La fedeltà alle beatitudini scatena subito la persecuzione!
Conclusione:
Vivere lo spirito delle beatitudini significa vivere un forte rapporto personale con Dio papà, mamma, fare esperienza della Sua tenerezza, della sua cura nei confronti di noi. Familiarizzarci con Gesù di Nazaret, osservare attentamente le azioni che compie, soppesare le scelte che fa perché gli altri abbiano VITA, perché escano dallo stato di umiliazione e di oppressione. Questo lo si raggiunge leggendo, ascoltando, pregando assiduamente il Vangelo. Se ti senti lontano da questo spirito, puoi sempre chiederlo a Gesù. È Lui che ce lo dona, è dono gratuito, non è merito, quindi tutti possiamo candidarci, non c’è bisogno di speciali credenziali, basta essere “Amante della Vita”, come Lui, la propria vita e quella degli altri. Amare DIO, amare il BELLO, amare l’UMANO, amare la FELICITÀ PER TUTTI.
Se scegli di aderire al Suo progetto di Vita per Tutti, allora inizia subito!
Per la riflessione personale:
- Nella nostra tradizione religiosa, da sempre viene detto che Dio è Padre/Madre. Ma tu personalmente, hai mai SPERIMENTATO (non pensato) Dio come Padre/Madre? Come tenerezza nei tuoi confronti?
- Quale immagine di FELICITÀ sta influenzando le tue scelte di studio, di lavoro, di relazioni?
- Come ti poni davanti a quella fetta di società oppressa, diseredata, umiliata, impoverita? Senti che ti sta a cuore? Senti che la loro liberazione, la loro dignità è per te una questione vitale?
- Come interpreti tu questo versetto? Come ti parla oggi?
“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”