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Le attese dei popoli, la risposta dei
giovani
E' tempo di
celebrare, nella festa e
nella responsabilità, un anno
che passa.
I segni di
tenebra e i germogli di speranza: tutto ci viene
affidato, in fragilità, perchè ce ne prendiamo cura.
I giovani
del GIM stanno camminando con passione in tutta
Italia: vogliamo ricominciare insieme, sentire che i
nostri passi non sono isolati e impotenti! Vogliamo
celebrare la Vita che ricomincia, in noi e nei
popoli che ogni giorno mantengono alta la testa.
Questi
sono gli obiettivi che hanno portato 150
giovani da tutta Italia ad incontrarsi a
Pesaro, dal 27 dicembre al 1 gennaio 2004.
Riscopri
insieme a noi tutti i percorsi realizzati!!
Leggi
il
messaggio finale con cui abbiamo salutato
la gente di Pesaro.
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Convivenza GIM
d’Italia di fine anno 2003
In collaborazione con il Centro di Pastorale giovanile di
Pesaro
Camminare
senza confini
Le
attese dei popoli, le risposte dei giovani
Sabato
27
Benvenuto
di p. Antonini Francesco (provinciale dei Missionari Comboniani)
e apertura
dell’incontro
Laboratorio comune: “Osare
un tempo nuovo”:
i
giovani del GIM lasciano i loro spunti riguardo alle
sei parole della Carovana della Pace 2003.
in
serata: Veglia di preghiera
Domenica
28 - La
voce dell’Africa ci chiama
Giornata
con p.
Joseph Mumbere (missionario comboniano
congolese)
Celebrazione
eucaristica con la comunità parrocchiale.
mons.
Nervo durante l'incontro |
Lunedì
29 - In
cerca di vita: le sfide dell'immigrazione
Intervento di mons.
Nervo: “Umanità in cerca di vita: le sfide
dell’immigrazione”
“La lotta contro la schiavitù” -
testimonianza di sr. Valeria (missionaria comboniana) e di una
ragazza rumena
I
giovani hanno riscritto il loro Decalogo
con gli Immigrati, prendendo spunto
dalla proposta della Commissione Giustizia e Pace
degli istituti missionari comboniani
in
serata: grande concerto!

Martedì
30 - Comboni
chiede ai giovani una missione dal volto nuovo
leggi
anche il secondo e il terzo
contributo dei giovani sulla serata
Giornata
con p.
Teresino Serra, Superiore Generale dei
Missionari Comboniani
in
serata: Tavola rotonda “Un anno si chiude: segni di
vita, ferite e utopie per il futuro”;
con J.L.
Touadì, Gianluca Carmosino. Presente
anche p.Alex Zanotelli
Mercoledì
31 – Per
ricominciare sulla strada…
Giornata
di incontro con le famiglie di Pesaro
e le
associazioni locali.
Leggi
una bella e semplice preghiera
dopo questi incontri
Tempo
per la Riconciliazione.
Veglia
notturna di preghiera, ringraziamento e
impegno.
Grande
festa di inizio anno!
Giovedì
1 Gennaio A.D. 2004 - …nuovi
cammini di Pace
Celebrazione
eucaristica in rito congolese
Marcia della Pace nella città di Pesaro,
con don
Benzi
Celebrazione eucaristica di ringraziamento in Duomo
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Ecco i
documenti più importanti della convivenza:
Messaggio
finale alla gente di Pesaro
SINTESI
DELLA CONDIVISIONE GIM DI CAPODANNO 2003
Perchè
siamo qui? Per camminare senza confini sulle
orme di Daniele Comboni, un missionario che
nell’800 ha deciso di dedicare la sua vita
alla missione in Africa, la “Nigrizia”, come
veniva chiamata un tempo. I popoli del sud del
mondo hanno delle attese, e noi cosa facciamo
per sciogliere le catene della loro oppressione?
Intanto abbiamo deciso di ritrovarci qui, nella
vostra comunità a Pesaro, perché abbiamo
voluto riflettere, condividere, pregare e
sognare assieme. Abbiamo scelto di trascorrere
un capodanno diverso e alternativo al veglione o
alla settimana bianca, perché sentiamo la
voglia di fare una sintesi dell’anno appena
trascorso che ci dia stimoli nuovi per camminare
assieme, per concretizzare i progetti in
cantiere e rilanciarci con nuove proposte.
Come
giovani ci siamo sentiti provocati soprattutto
dalla frase di padre Alex Zanotelli, un
missionario comboniano che ha vissuto a
Korogocho, una bidonville alla periferia di
Nairobi, in Kenya.
“E
tu giovane, cosa te ne fai della vita? Te la
tieni stretta per te? Carissimo, solo il giorno
in cui la tua vita la butterai scoprirai la
gioia del vivere. Una vita buttata per costruire
un mondo che sia altro da quello che abbiamo fra
le mani, un mondo in cui ogni volto abbia la
propria dignità”.
Ci
chiamano “Gimmini”, (non è una
parolaccia!), vuol dire che frequentiamo il GIM,
che sta per “giovani di impegno
missionario”, e non significa necessariamente
che partiremo per l’Africa o l’America
Latina, ma vuol dire che vogliamo “giocarci
la vita” giorno per giorno, anche
attraverso una rilettura critica del vangelo,
che parta dal punto di vista degli oppressi.
Veniamo
da tutta l’Italia, da Bari a Padova, da Roma a
Trento, da Firenze a Venegono, da Catania
a Bologna, o ovviamente anche da Pesaro,
uniti dal sogno di Daniele Comboni: vogliamo “osare
un tempo nuovo”, e in questo siamo stati
accompagnati dalla testimonianze e dai racconti
di vita di chi subisce le conseguenze della
violenza, dei rapporti di forza squilibrati fra
Nord e Sud del mondo, e di una bilancia della
giustizia mal tarata, e secondo voi da quale
parte pende il piatto?
“Osare
un tempo nuovo”
è lo slogan che ci ha accompagnati
durante la Carovana della Pace 2003, un
cammino che ha fatto tappa nelle piazze di
alcune città italiane, in cui abbiamo parlato
di pace con la gente. E proprio da qui siamo
partiti per elaborare i temi per la Carovana
della Pace
che si svolgerà quest’anno.
Con
quali strumenti abbiamo “osato un tempo
nuovo” durante questi giorni di convivenza?
-
attraverso
l’ascolto, lasciandoci accogliere dalle
persone che ci hanno ospitato e andando alla
ricerca degli esclusi ed emarginati, che a
Pesaro hanno il volto dei ragazzi minorenni
accolti nelle case-famiglia, degli anziani nelle
case di riposo, dei malati di AIDS. Ma anche
attraverso l’apertura, durante la celebrazione
eucaristica, ai simboli e al sentire di altre
culture, come abbiamo fatto celebrando la messa
con il rito congolese.
-
Attraverso
il custodire la memoria di quanti hanno
condiviso con noi la propria esperienza di vita,
ad esempio il giornalista di origine congolese
Jean Leonard Touadi, che nel corso di una tavola
rotonda, ha letto gli avvenimenti dell’anno
appena trascorso con gli occhi del Sud del
mondo. Padre Joseph Mumbere e il seminarista
missionario Marcel ci hanno portato la loro
esperienza della guerra in Congo e il contrasto
con la realtà occidentale. Suor Valeria, che
lavora per strappare le ragazze alla strada, ed
Elena, una giovane rumena che è riuscita a
sottrarsi alla strada, hanno portato una
testimonianza che ci ha scosso e ci ha
dimostrato che la mercificazione della donna è
una vera e propria forma di moderna schiavitù.
-
Attraverso
la debolezza che salva: coscienti della
nostra debolezza e fragilità, abbiamo scelto di
incontrare l’altro con uno stile umile e
paziente, che lascia spazio alla nonviolenza e
alla tenerezza di Dio. Monsignor Nervo, ex
presidente della Caritas, ci ha ricordato quando
i deboli, gli emigranti, i diversi eravamo
proprio noi italiani, ma abbiamo ormai rimosso
questi ricordi e ci siamo inaspriti proprio
nell’accoglienza dell’altro.
-
Attraverso
la speranza che Dio abita la storia, e
questo pensiero ci ha mosso a ricercare i segni
di vita nascosti tra gli ultimi, che attendono
la liberazione. Padre Teresino Serra, il
superiore generale dei missionari comboniani, in
una rilettura delle figure di Dio, Mosè, Gesù
e Comboni, ci ha indicato come ricercare questi
segni: vedendo, avendo compassione e donandosi.
-
Attraverso
la politica, che è per tutti e non per
pochi. Mossi dall’indignazione etica, vogliamo
risvegliare ogni piccola comunità cristiana
alla partecipazione, e creare rete fra tutte le
realtà locali per costruire pace e giustizia.
Pensiamo che sia importante interpellare
continuamente la chiesa e le istituzioni
pubbliche, affinché diano voce al popolo di Dio
e alla società civile, come ci ha dimostrato
anche Gianluca Carmosino, giornalista del
settimanale Carta, rappresentando la voce
dell’informazione alternativa e proponendoci
un bilancio dell’anno appena trascorso nel
segno dell’impegno.
-
Attraverso
la responsabilità dei giovani in un
percorso di informazione alternativa di denuncia
e di proposta che li impegni in azioni che
coinvolgono il contesto locale e che li rendano
protagonisti nella costruzione di un mondo
diverso possibile.
Come
farlo concretamente? Una delle possibilità è
la diffusione di una rinnovata cultura
dell’accoglienza, e vi proponiamo un decalogo,
che nasce dalle nostre condivisioni ed
esperienze di conoscenza dell’Altro. Alle
sfide dell’immigrazione, noi giovani
rispondiamo così:
-
Va’
in cerca dell’immigrato.
Ascoltalo, offrigli la tua amicizia.
L’importante è esserci, contro la logica
assistenzialista del ‘fare’. Recupera la
sua storia di sofferenza, la sua ricchezza e
quella delle sue radici. Promuovi occasioni
di incontro più informali (feste, cene,
momenti teatrali, occasioni culturali e
sportive…)
-
Conosci
te stesso nell’incontrare l’immigrato. Impara ad avvicinare l’altro senza etichettarlo. Matura una
spiritualità che ti guidi all’incontro
con l’altro. Chiediti quali aspetti della
tua cultura sei disposto a cambiare per
venire incontro all’altro.
-
Conosci
il territorio,
le necessità che vive la gente e i punti
d’appoggio per rispondervi. Da’ una
visibilità alle associazioni che già
operano sul campo, nello sforzo di creare
rete.
-
Favorisci
l’aggregazione di giovani e immigrati tramite laboratori di convivenza, occasioni e spazi di conoscenza
reciproca e confronto, per capirsi a fondo,
individuare gli obiettivi di entrambe le
parti. Ad esempio, siccome entrambi abbiamo
bisogno di conoscere di più le leggi e i
meccanismi con cui si regola
l’immigrazione, promuovi percorsi di
formazione comuni su questo.
-
Promuovi
l’autoconsapevolezza e la partecipazione
degli immigrati.
Appoggia tutti i modi renderli protagonisti
del loro inserimento sociale.
-
Dialogane
soprattutto con amici che non condividono le
tue idee.
Parti da ciò che loro capiscono, credono,
comincia dai loro pregiudizi. Sfata i
pregiudizi cercando di comprenderne prima di
tutto l’origine. Fa’ incontrare
l’immigrato a chi non si interessa di lui
o ha pregiudizi.
-
Sfrutta
tutte le occasioni e le forme possibili di
comunicazione e di educazione alla diversità:
per strada, nelle scuole, nelle comunità
cristiane. La formazione politica per la
gente delle nostre città e paesi deve
essere maggiore e più curata. Nelle comunità
cristiane i preti hanno il potere di
orientare una cultura, i giovani devono
spronarli perché questi temi siano
affrontati apertamente.
-
Come
comunità e come persona prenditi a cuore la
vita di un migrante,
accoglilo, ospitalo, impegnati con lui nelle
situazioni più pratiche (telefonate
periodiche di contatto, accompagnamento in
Questura o simili, aiuto nella ricerca di un
alloggio o lavoro…)
-
A
livello politico nazionale vigila sulla
destinazione dei soldi e promuovi
campagne di pressione perché siano
destinati più fondi per l’immigrazione e
una politica di accoglienza consapevole e
seria. Sorveglia i politici sulle loro
scelte, chiedendo loro conto periodicamente
e con insistenza a proposito di questi temi.
-
Lotta
perché tutti abbiano opportunità di
regolarizzare la propria condizione.
Combatti il lavoro nero; nell’ambito degli
studi, insisti con gli immigrati per il
riconoscimento
dei titoli di studio non occidentali
(come per i paesi dell’est Europa).
Ed
ora vorremmo lasciarvi con un incoraggiamento:
Abbiate
il coraggio di sognare:
i
sogni sono la più grande minaccia a questo
sistema.
Per
avere ulteriori informazioni e per sapere tutto
ciò che è scaturito da questa nostra
convivenza, clicca su www.giovaniemissione.it
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Umanità
in cerca di vita
Le
sfide dell’immigrazione, le risposte dei
giovani
Noi,
Giovani per l’Impegno Missionario, insieme ai
Missionari Comboniani-e vediamo i gravi segni di
contraddizione della nostra storia, ascoltiamo
il grido delle vittime e sognamo un mondo nuovo,
la società delle convivialità delle differenze
in cui vogliamo vivere.
Per
questo, in ascolto delle proposte della
commissione Giustizia e Pace dei comboniani,
proponiamo anche noi, a nostra misura, questo
‘decalogo’ per crescere insieme agli
immigrati oggi.
Nasce
da un cammino di ascolto, servizio tra i poveri,
condivisione tra noi; si rivolge a tutti i
giovani di buona volontà.
-
Va’
in cerca dell’immigrato. Ascoltalo,
offrigli la tua amicizia. L’importante è
esserci, contro la logica assistenzialista
del ‘fare’. Recupera la sua storia di
sofferenza, la sua ricchezza e quella delle
sue radici. Promuovi occasioni di incontro
più informali (feste, cene, momenti
teatrali, occasioni culturali e sportive…)
- Conosci
te stesso nell’incontrare l’immigrato.
Impara ad avvicinare l’altro senza
etichettarlo. Matura una spiritualità che
ti guidi all’incontro con l’altro.
Chiediti quali aspetti della tua cultura sei
disposto a cambiare per venire incontro
all’altro.
- Conosci
il territorio, le necessità che vive la
gente e i punti d’appoggio per
rispondervi. Da’ una visibilità alle
associazioni che già operano sul campo,
nello sforzo di creare rete.
- Favorisci
l’aggregazione di giovani e immigrati
tramite laboratori di convivenza, occasioni
e spazi di conoscenza reciproca e confronto,
per capirsi a fondo, individuare gli
obiettivi di entrambe le parti. Ad
esempio, siccome entrambi abbiamo bisogno di
conoscere di più le leggi e i meccanismi
con cui si regola l’immigrazione, promuovi
percorsi di formazione comuni su questo.
- Promuovi
l’autoconsapevolezza e la partecipazione
degli immigrati. Appoggia tutti i modi
renderli protagonisti del loro inserimento
sociale.
-
Dialogane
soprattutto con amici che non condividono le
tue idee. Parti da ciò che loro
capiscono, credono, comincia dai loro
pregiudizi. Rifiuta sia l’immagine
dell’immigrato-criminale sia quella
dell’immigrato-utopico, proiezione
dell’ingenuità di un certo tipo di
volontariato.
Sfata
i pregiudizi cercando di comprenderne prima di
tutto l’origine.
Fa’
incontrare l’immigrato a chi non si interessa
di lui o ha pregiudizi.
- Sfrutta
tutte le occasioni e le forme possibili di
comunicazione: per strada, nelle scuole,
nelle comunità cristiane. Sappi denunciare
e manifestare anche il tuo dissenso.
L’educazione alla
diversità comincia nelle scuole, i giovani
possono fare molto in questi ambienti. La
formazione politica per la gente delle nostre
città e paesi deve essere maggiore e più
curata. Nelle comunità cristiane i preti hanno
il potere di orientare una cultura, i giovani
devono spronarli perché questi temi siano
affrontati apertamente.
- Come
comunità e come persona prenditi a cuore la
vita di un migrante, accoglilo,
ospitalo, impegnati con lui nelle situazioni
più pratiche (telefonate periodiche di
contatto, accompagnamento in Questura o
simili, aiuto nella ricerca di un alloggio o
lavoro…)
- A
livello politico nazionale vigila sulla
destinazione dei soldi e promuovi
campagne di pressione perché siano
destinati più fondi per l’immigrazione e
una politica di accoglienza consapevole e
seria, sottraendoli ai soldi e energie
investiti per impedire a priori l’ingresso
della gente. Sorveglia i politici sulle loro
scelte, chiedendo loro conto periodicamente
e con insistenza a proposito di questi temi.
- Lotta
perché tutti abbiano opportunità di
regolarizzare la propria condizione.
Combatti il lavoro nero; nell’ambito degli
studi, ad es., insisti con gli immigrati per
il riconoscimento
dei titoli di studio non occidentali
(come per i paesi dell’est Europa)
www.giovaniemissione.it Pesaro, 29 dicembre 2003
I giovani del G.I.M.
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Domenica
28 dicembre 2003
“
La voce dell’Africa ci chiama ”
La
seconda giornata di convivenza di fine anno dei
GIM d’Italia, curata dal GIM di Venegono, è
incentrata sull’Africa, sulla “chiamata”
al vedere, all’immedesimarsi e al donarsi che
gli uomini e le donne che la popolano ci
rivolgono.
Nell’incontro
mattutino, Padre Rossano ci ha proposto una
riflessione sulla chiamata di Dio a Mosè per
liberare il popolo di Israele dalla schiavitù
d’Egitto (Esodo 3,7-12). Dopo averci ricordato
che l’esperienza di fede è un’esperienza
comunitaria, Padre Rossano ha messo in evidenza
come una stessa realtà può essere vista in
diversi modi: in questa Parola abbiamo il caso
di Israele che da un lato è odiato dagli
egiziani, i quali temono di perdere i propri
privilegi a causa della crescita degli ebrei,
dall’altro è benedetto da Dio, benedizione
che si manifesta con la crescita di questo
popolo.
Anche
noi come il faraone ci scandalizziamo se gli
immigrati si arricchiscono; anche noi lasciamo
agli immigrati i lavori che non vogliamo fare;
anche i “faraoni” di oggi adottano duri
provvedimenti nei confronti degli stranieri.
Dinanzi
alle sofferenze degli ebrei, Dio vede, ricorda
la sua alleanza, ascolta e si prende cura del
popolo di Israele: è il Dio dei vivi, degli
emarginati, non è indifferente verso i popoli
sottomessi, i quali nella loro sofferenza sono i
suoi prediletti. E io, ascolto il grido che
viene dal basso?
Chiamando
Mosè, un uomo “comune”, dà inizio al
progetto di liberazione dall’oppressione: Dio
non sceglie i più bravi, ma l’apparente
nostra inutilità.
Dio
ci dice che sarà con noi: queste sue parole ci
invitano a non avere paura! La chiamata di Mosè
è oggi una chiamata a noi. Anche Papa Giovanni
Paolo II invita i giovani a non avere paura di
Cristo e delle proprie debolezze, perché è in
queste che si manifesta l’onnipotenza di Dio.
Padre Alex Zanotelli ci dice che per noi è ora
il tempo di agire, di fare la scelta
preferenziale dell’Africa, di lasciare le
nostre paure. Dobbiamo ascoltare la passione che
anima il nostro cuore. Sei TU il Mosè che Dio
chiama! E nel nostro cuore, quale passione c’è?
La
mattinata è proseguita con la celebrazione
della Santa Messa nella parrocchia “Madonna di
Loreto”, la cui comunità ci sta in questi
giorni ospitando: quest’oggi si celebra la
solennità della Sacra Famiglia. Nell’omelia
il celebrante ha ricordato l’importanza che i
membri della famiglia si cerchino reciprocamente
per riconoscersi e contemplare insieme ciò che
Gesù fa in noi; la rilevanza della dimensione
“missionaria” della famiglia (cioè una
famiglia che si apra agli altri); il saper
vedere e mettere a disposizione degli altri i
doni che Signore ci fa; l’attenzione ai volti
degli altri e a ciò che lo Spirito suscita in
noi; l’impegno ad essere segno dell’amore e
del sostegno di Dio.
Dopo
aver “ricaricato” le batterie con un bel
pranzo alla mensa della comunità parrocchiale
che ci sta ospitando, nel primo pomeriggio
abbiamo ascoltato le testimonianze di due amici
congolesi facenti parte della famiglia
comboniana: Padre Joseph Mumbere Musanga,
sacerdote dal 2001, e Marcel Mangbau, il quale
è al secondo anno di scolasticato a Roma.
I
due amici congolesi ci hanno innanzi tutto
testimoniato che cosa è per loro San Daniele
Comboni: Marcel si è soffermato sugli occhi di
Comboni, occhi che vedono il mondo, un vedere
che tocca il cuore e chiama all’azione, Padre
Joseph sul fatto che Comboni è andato in Africa
quando questo continente con contava nulla per
gli europei e che è stato il primo a dare
dignità e voce agli africani.
C’è
stata poi la proiezione di un breve documentario
della storia del Congo dall’arrivo degli
europei ai giorni nostri: oggetto di
esplorazioni, nella Conferenza di Berlino del
1885 furono stabiliti i suoi confini e assegnato
al Re del Belgio Leopoldo II come sua proprietà
privata. Nel 1908 fu trasformato in colonia
belga per poi ottenere l’indipendenza nel
1960. Dopo la guerra civile, nel 1965 il potere
fu preso dal militare Mobutu che instaurò una
dittatura durata fino al 1997. A Mobutu sono
succeduti Kabila senior e dopo di lui suo
figlio, Kabila junior.
Marcel
ci ha testimoniato che cosa significa vivere
laddove c’è la guerra raccontandoci degli
scontri tra ugandesi e ruandesi verificatisi a
Kinshasa al fine di controllare la città:
quando iniziarono gli scontri lui e altri suoi
compagni erano nella casa dei Missionari
Comboniani nella capitale congolese: tutti si
rifugiarono in una piccola stanza assieme ad
alcuni civili rifugiatisi con loro e provarono
per alcuni giorni la durezza e la paura che
portano i conflitti. Marcel ci ha detto come a
volte ci disinteressiamo della guerra quando è
lontana e spiega la sua salvezza
nell’esistenza di un Dio che salva e che lo
chiama ad annunciare ciò.
Padre
Joseph ci ha raccontato dell’invito di una
moribonda alla quale stava impartendo il
sacramento dell’unzione degli infermi a
testimoniare che cos’è la guerra, la quale le
aveva portato via tutti i suoi cari: la guerra
fa vivere i sopravvissuti con un cuore morto e
semina dolore. Padre Joseph ci ha invitato a
lavorare per la pace e ci ha detto che il
vangelo ci invita a non usare la guerra per
chiudere i conflitti e che nonostante i problemi
presenti in Africa, emergono dai giovani
africani parole di speranza.
Il
pomeriggio è proseguito con la suddivisione in
diversi gruppi all’interno dei quali si
rifletteva su alcuni aspetti dell’Africa;
successivamente c’è stata la condivisione di
ciò che è emerso in questi gruppi:
1.
Che cosa sappiamo degli africani in
Italia
Li
conosciamo poco
Disinteresse
e buonismo nei loro confronti
Impegno
non profondo nel conoscerli
Considerati
dei privilegiati rispetto a chi non può
emigrare
Servirebbe
una maggiore e corretta informazione
sull’Africa in Italia
2.
Le catene dell’Africa
I
problemi dell’Africa derivano dal fatto che è
un continente ricco
Africa
considerata un continente da sfruttare
Catene:
a)
economiche (monocoltura, sfruttamento
risorse, dipendenza dall’occidente)
b)
politiche (governi fantoccio, politici
con formazione europea, corruzione, falsità)
c)
culturali (mentalità non abituata a
migliorarsi, ignoranza, trialismo)
Problema
della disinformazione: cercare fonti di
informazione alternative e farle conoscere
Chiederci
quanto vogliamo che l’Africa decolli
Responsabilità
dell’occidente nel creare le catene
Emerge
la logica di imperialismi vecchi e nuovi
Emerge
la perdita dell’identità degli africani
Di
quale decollo si parla? Di quello voluto dagli
occidentali o quello voluto dagli africani?
Spirito
dei missionari: condividere le sofferenze, non
imporre la loro religione
3.
Debolezze dell’Africa
Dare
rispetto e dignità all’Africa: non solo
assistenza, ma anche cooperazione
4.
La forza dell’Africa
Gli
africani non sono superficiali
La
sua gente (accogliente, attenta agli anziani,
con il senso della famiglia ampia, rispettosa
dell’ambiente)
Chiesa
africana: viva e dinamica
Giovani:
allegri e semplici
Positività
degli africani: speranza del vivere, amore per
la vita
5.
La missione per l’Africa
Non
solo imporre, ma anche ascoltare e accogliere i
valori altrui
Necessario
correre meno, necessaria una maggiore lentezza
nei ritmi di vita
Compassione:
essere tra la gente e dare speranza
Sensibilizzazione
del nostro mondo e nel posto in cui si opera
Rendere
la gente africana protagonista della loro
storia: è un compito della Chiesa
6.
Noi giovani e l’Africa
Donare
la nostra vita (proposta di Padre Alex
Zanotelli)
Capire
la nostra chiamata
Tenersi
informati
Diffondere
quello che apprendiamo
In
Italia: con umiltà educarci ed educare a fare
comunità, rete, collaborando ed eventualmente
chiedendo aiuto ad altre realtà
In
Africa: capire che cosa vogliono gli africani
In
serata, abbiamo fatto ritorno nei luoghi che ci
stanno ospitando per dormire (famiglie, casa dei
Missionari Comboniani di Pesaro, Istituti di
suore di Pesaro “Piccole Ancelle del Sacro
Cuore” e “Pie Madri di Rosa Venerini”)
condividendo la cena e una serata di fraternità
con coloro che ci stanno ospitando.
Fabrizio,
“GIC” di Bari (non essendoci ancora il GIM a
Bari,
Padre
Paolo ha “battezzato” il nostro gruppo
“Giovani In Cammino”!)
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Lunedì
29 dicembre
"In
cerca di Vita: le sfide dell'immigrazione"
“Non
opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la
via del forestiero perché siete stati
forestieri nel paese d’Egitto”: la voce di
Dio sveglia le coscienze individuali, ma
richiama un’attenzione collettiva, che
considera la memoria storica delle società.
L’invito che Mons. Giovanni Nervo ha fatto a
noi gimmini il 29 Dicembre 2003 a Pesaro,
durante la giornata della convivenza dedicata
all’immigrazione, è quello innanzi tutto di
andare alle radici del problema..
L’immigrazione dai paesi del Sud del mondo è
un problema strutturale, che nasce dalla povertà:
la miseria non consente alcuna possibilità di
benessere economico, ma molto spesso nemmeno
quella di benessere umano. Questa situazione di
ingiustizia compromette radicalmente la pace e
incide su quella che sarà la situazione del
futuro mondiale: da una parte l’inevitabilità
di società multiculturali, multietniche e
multireligiose; dall’altra la responsabilità
dei paesi ricchi sulla decisione di
intraprendere la strada dell’integrazione,
facendo uso di una visione a medio-lungo termine
invece di concentrarsi unicamente
sull’arginare le emergenze.. Non vuole essere
un discorso astratto, ma un intervento che ci
provoca come cittadini, ma ancora di più come
popolo di Dio. Le nostre comunità hanno bisogno
di cristiani maturi, che conoscono il Vangelo a
livello nozionale, ma soprattutto vitale,
esperienziale. Occorre vivere il Vangelo
partendo dal concreto, ponendo attenzione
innanzi tutto ai diritti e ai bisogni delle
persone, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo
che arriva prima di noi, opera più e meglio di
noi; nello stesso tempo bisogna affrontare con
coraggio e coerenza le sfide della società,
soprattutto la sfida educativa, che porta alla
crescita di uomini e donne secondo il Vangelo,
persone che sanno annunziare ai poveri un lieto
messaggio.
Una
testimonianza significativa della capacità di
vivere in questo senso il messaggio evangelico
ci è stata data da Suor Valeria, missionaria
comboniana che vive e lavora a Verona, operando
in un centro d’ascolto. Suor Valeria si occupa
in maniera particolare di donne che vivono o
hanno vissuto la schiavitù della prostituzione,
e ha portato con sé Elena, una ragazza di 17
anni che in maniera molto coraggiosa ci ha
raccontato alcuni stralci della sua storia di
sfruttamento e di liberazione. Lo sfruttamento
passa attraverso diversi livelli:
l’adescamento fatto nei paesi d’origine e la
brutalità con la quale le donne devono
affrontare le condizioni del viaggio; il
controllo della loro vita e la pretesa di un
introito economico; il ricatto che gioca sul
piano culturale facendo leva sulla
superstizione, e sul piano economico poiché le
donne devono pagare per mantenersi e per essere
libere; l’abbandono quando vengono
letteralmente sostituite da altre.. Suor Valeria
ha naturalmente condannato le organizzazioni
criminali che gestiscono il mercato, ma ha speso
parole molte dure per i clienti, che
costituiscono la domanda, base che sostiene
questo sistema di sfruttamento..
Noi
abbiamo di deciso di guardare l’altro come
uomo in cerca di vita, e non come mezzo per
soddisfare i nostri bisogni o come pericolo per
la salvaguardia del nostro benessere.. Abbiamo
cercato di dare qualche risposta alle sfide
dell’immigrazione riscrivendo il decalogo per
aiutare gli immigrati proposto dalla Commissione
Giustizia e Pace dei missionari comboniani il 22
Luglio 2003.. Ne è uscito un decalogo a nostra
misura, che punta alla conoscenza di sé
nell’incontro con l’altro, dell’immigrato
in quanto tale, del territorio.. per favorire
l’incontro con l’altro, il dialogo, la
partecipazione alla vita delle comunità, il
rispetto del valore della persona.
Chiara
Ossuzio
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Martedì
30/12/2003
Comboni
chiede ai giovani una missione dal volto
nuovo...
primo
contributo
La
giornata è iniziata con il salmo 84 che ci ha
ricordato come “Dio stesso si è impegnato, e
noi con lui, ad aprire nel mondo una via alla
pace”.E’ stato con noi p. Teresino Serra
superiore generale dei missionari comboniani,
che ha concretìzzato queste parole con tre
verbi missionari vedere, sentire (avere
compassione),agire (donarsi) indicandoci le priorità
dalle quali partire per sprogrammarci e
reimpostare la nostra vita.
Ci
ha riletto i volti di Dio, Mosè, Cristo e
Comboni e ci ha invitati a prendere
consapevolezza che anche il nostro volto è tra
questi, chiamato a prendere confidenza con Dio
nella preghiera e a farsi amore nel servizio al
fratello, imparando a dare noi stessi e a
ricostruire relazioni.
Ci
ha messo in guardia rispetto al “complesso del
pitone”, ovvero al rischio di addormentarsi
dopo aver vissuto giorni ricchi di proposte e
quindi di non portare frutto; e anche dal
complesso “del papà natale”, dobbiamo
smettere dì dare cose ed imparare a vivere con
i fratelli, dobbiamo scegliere qual è il nostro
unico amore e spenderci per esso!!!
La
serata è stata animata da una tavola rotonda,
che aveva come tema “Un anno si chiude: segni
di vita, ferite e utopie per il futuro”, a cui
hanno preso parte J.L. Touadì, 6. Carmosino e
p. Alex Zanotelli.
Touadì
giornalista congolese (collaboratore di
Nigrizia, che ha realizzato programmi quali
Target, Un mondo a colori...), ci ha portato la
voce dei sud del mondo, non filtrata dal nostro
punto di vista, e ha provato a chiarire che
cos’è la globalizzazione per gli ultimi della
terra.
Partendo
dall’importanza del messaggio del papa (e
sottolineando che il titolo originariamente
era” Il diritto internazionale, una via alla
pace”) e dalla ricerca dei “giacimenti
d’odio” (di cui si è fatto forte Bush) ci
ha indicato come la miseria debba essere
la nostra chiave di lettura nel capire
l’origine delle guerre e del terrorismo;
ci
ha riletto i diritti umani indicandoli
come cibo, acqua, casa, educazione, sanità,
ambiente (ciò che anche l’ONU. indica come
“basic needs are basic rights”), ovvero
diritti inalienabili di ogni persona;
ci
ha indicato l’importanza di rimettere al
centro l’ONU. ripartendo dalla dignità e
dalla giustizia per ogni popolo, a garanzia di inclusione
nell’uso delle ricchezze della terra;
ci
ha parlato dell’irruzione dei poveri come
segno dei tempi, in quanto soggetti della
storia contemporanea che non ce la fanno più ad
accontentarsi dell’ipocrisia ,della bestemmia
rappresentata dai nostri aiuti umanitari;
ci
ha mostrato le risorse di un’ economia
altra (vista come cura delle cose di casa)
fatta di solidarietà e comunione, di un’auto
organizzazione che parte dalla base e cambia i
rapporti con i beni della terra;
ci
ha lanciato questa provocazione di uno
scrittore africano (Kiserbo) “popolo mio se il
tuo stomaco piange interroga la tua mano, smetti
di guardare il cielo degli aiuti.., e a voi
popoli sazi dell’ occidente ricordate che
l’Africa resisterà alla vostre digestioni”
riprendendo la metafora del boa, l’immobilismo
della sua lenta digestione che può
rappresentare la sconfitta...
E,
dopo aver ribadito l’importanza di prendersi
cura dell’altro,dell’I care come modalità
preferenziale di incontro, ci ha chiesto
-che
cosa aspettiamo ad invertire l’ordine delle
priorità?
-per
quanto saremo ancora disposti ad accettare
guerre preventive che rigettano le nostre società
in stati pre-civili?
-quando
capiremo la differenza tra il benessere e
l’essere-bene?
-quando
ci riapproprieremo degli aspetti positivi alla
base della nostra identità(l’attaccamento
alla vita,la sacralità della persona, la
solidarietà, la democrazia, il valore
dell’incontro e dell’ascolto, i] valore
della risata...)?
E
per il 2004 ci ha augurato un anno di leggerezza
perché ciò che è dei poveri torni ad
appartenere loro e di impegno a non stare seduti
in poltrona prede di armi di distrazione
(tirarsi accanto) di massa.
Carmosino
giornalista di Carta(informazione alternativa),
ci ha presentato una carrellata di avvenimenti
positivi e negativi dell’anno appena passato
perché prendiamo coscienza dell’importanza di
essere a conoscenza di ciò che accade intorno a
noi;la consapevolezza è l’unica strada
possibile per una reale adesione o denuncia
delle scelte fatte dalla società politica e
civile. Perché a partire
-da
rivolte come quella di Scanzano Ionico,
-dai
movimenti,
-dalle
scelte di microcredito, gruppi di acquisto
solidale, finanza etica,
-da
campagne di pace e di giustizia (Balconi di
pace, Sbilanciamoci, Permessi di soggiorno in
nome
di
Dio)
-da
laboratori di democrazia partecipata (vd Porto
Alegre, Ass. Nuovo Municipio-Fì...) e da molte
altre esperienze prendiamo coscienza che
possiamo essere promotori di un cambiamento
quotidiano concreto.
Per
il nuovo anno ci ha augurato, riprendendo le
parole di don Tonino Bello, di essere critici,
sovversivi ma “rimettendo la spada nel
fodero” facendo la scelta della non-violenza
propria del messaggio evangelico, della buona
novella che non si fa schiava della mentalità
corrente. E ci ha invitato a vigilare contro le
banche armate.
P.
Alex ci ha svelato il lato fragile di Dio,
il mistero di “un’incarnazione scomoda”
per mezzo della quale ci viene richiesto di
assumerci delle responsabilità, perché a
questo Dio-bambino serve la nostra forza!!
E
ci ha indicato da che cosa partire per fare rete
e ricostruire una società civile:
-diventare
soggetti politici per avere peso sui
partiti;
-avere
cura dell’informazione, partendo da
quella alternativa e sfruttando le risorse
informatiche;
-vigilare
sull’ Europa(costituzione) perché non
diventi una fortezza militarizzata;
-prestare
attenzione al fenomeno dell’immigrazione,
lottando contro leggi inique;
-rifiutare
l’introduzione degli O.G.M.,
l’ennesima schiavitù per gli sfruttati della
terra.
Ci ha invitato ad una conversione personale che parta
dal cuore di ognuno di noi, perché il bene non
può essere imposto e ci ha lasciato con
l’augurio di avere il coraggio di sognare,
perché i sogni sono la più grande minaccia al
nostro sistema di oppressione e di morte.
E
tu per quanto ancora sei disposto a far parte di
questo sistema?
Che
persona vuoi essere?
Qual
è la libertà, la verità a cui vuoi gridare il
tuo “Eccomi”?
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Comboni
chiede ai giovani una missione dal volto nuovo
secondo
contributo
Martedì
30 dicembre è stato con noi P. Teresino Serra.
(P.
Teresino è nato nel 1947, ha svolto il suo
servizio come missionario in Kenya dal 1978 al
1983 e poi è stato in Messico fino al 1997,
attualmente è superiore generale dei missionari
comboniani).
Il
suo intervento è iniziato con una domanda:
"Come mai, nonostante per i comboniani
Comboni fosse già santo, si sono dati tanto da
fare affinché fosse riconosciuto tale?".
La
canonizzazione di Comboni anzitutto permette di
mantenere sempre vivo il suo messaggio, un
invito che va direttamente al cuore dei giovani,
perché egli stesso giovanissimo ha deciso di
dedicarsi completamente alla missione. Inoltre
Comboni sognava una chiesa fatta di diversi
colori.
P.
Teresino ha poi continuato parlando del volto
della missione, la quale racchiude tre verbi
fondamentali: VEDERE, ASCOLTARE/SENTIRE (avere
compassione), AGIRE (donarsi).
La
missione è formata da un mosaico di volti,
quello di Jahvè, di Mosè, di Cristo, di
Comboni e al centro il mio, il tuo, il volto dei
ciascuno di noi.
Ci
ha parlato prima di tutto di JAHVE', di un Dio
che va sempre verso chi ha bisogno del suo
Amore, un Dio che si scomoda quando vede il suo
popolo sofferente, schiavizzato, un Dio che
decide di programmarsi, sente la sofferenza e
decide di agire.
MOSE'
all'inizio è una persona statica, che non
ricorda più il sacrificio compiuto dalla madre
e dalla sorella per salvarlo, ma entra nello
stile di vita del faraone. Ad un certo punto
apre il suo cuore, vede i fratelli che soffrono,
sente compassione ma quando interviene nei
problemi del suo popolo si sente rifiutato, così
scappa per trovare se stesso. Si sposa, si
stabilisce ma... ancora una volta decide di
vedere, così lascia di nuovo le sue sicurezze e
osa il mistero della vita. Qui compare il Mosè
maturo che si identifica con una causa e scopre
la sua vocazione a camminare con il suo popolo
che soffre. Mosè ha vinto perché ha portato
con sé due amori, quello per il suo popolo e la
confidenza con Dio.
GESÙ
riassume il Padre. A volte ci vengono presentati
solo alcuni aspetti di Gesù, mai il Gesù che
perdona Giuda, che mette in scacco i potenti.
Cristo è colui che annuncia e denuncia la
libertà, che rivela l'oppressione del sistema
politico ed economico. Quando Gesù scaccia i
mercanti dal tempio, i poveri si riavvicinano (Mt
21).
COMBONI
ci dimostra che Dio sceglie i piccoli, i poveri
per fare grandi cose. Un povero ragazzo, di una
famiglia povera, unico sopravvissuto di sette
figli. Un uomo che si identifica totalmente con
il popolo che vuole servire. Egli ha imparato da
Gesù che si fa missione anche stando in luoghi
solitari.
"Molto
tempo con Dio, vuol dire molto tempo con i
poveri" (M.Teresa di Calcutta). Comboni
sceglie la via difficile, persone che hanno
bisogno del messaggio della dignità umana. La
mistica della croce, una croce per amore. La
croce più pesante in Comboni è quella di
affrontare il mistero del futuro senza
sicurezze; inoltre è un profeta che spesso non
è capito. Comboni crede fortemente nella
possibilità di salvare 1'Africa con l'Africa.
IN CONCLUSIONE O IN PARTENZA: la sfida sarà quella di lasciarsi
disturbare come Comboni, di lasciarsi
sprogrammare da Dio. Allora vale veramente la
pena giocarsi la vita!!!!
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Comboni
chiede ai giovani una missione dal volto nuovo
terzo
contributo
Alla
sera c’è
stata una tavola rotonda dal tema: “ Un anno
si chiude: ferite e utopie per il futuro”.
Alla quale hanno partecipato Jean Leonard Touadi,
Gianluca Carmosino e verso fine serata anche P.
Alex Zanotelli. Jean Leonard nacque in Congo nel
1969, è giornalista e noto per essere fondatore
del programma “UN MONDO A COLORI” e anche
per “C’ERA UNA VOLTA”, in onda su RAI 3.
Partendo dal discorso del Papa, Jean Leonard ci
ha ribadito che non basta l’uso della forza
per conseguire la pace. La pace, dice,
non è solo un qualcosa che suscita in
noi delle emozioni ma deve essere un impegno.
Quando portiamo una bandiera della pace
significa “I CARE”, ossia: mi prendo carico
di mio fratello; e quando si parla di pace non
si può prescindere dalla parola giustizia. Nel
mondo crescono i giacimenti d’odio, là dove
cresce la geografia della povertà, esistono dei
diritti fondamentali che non possono e non
devono essere negati come sta succedendo
oggigiorno a causa dello stile di vita assunto
dall’America del Nord e dall’Europa.
L’
economia deve
ritornare alla sua funzione primaria cioè:
“prendersi cura delle cose”. A causa di
tutto ciò stiamo rientrando nella “giungla”
dove si applica il “diritto” della guerra
preventiva e nella quale stiamo ritornando ad
assomigliare di più agli animali dai quali ci
eravamo distanziati per mezzo della politica,
che si può considerare come la rinuncia
dell’uomo all’uso della forza.
Jean
Leonard continuò poi facendoci un’altra
domanda: “Qual è l’identità cristiana che
vogliamo far vedere agli altri popoli?”
L’augurio, poi, con il quale Jean Leonard ci
ha lasciati è che questo sia un anno in cui noi
ci muoviamo e non rimaniamo fermi sulla poltrona
a guardare, ma ci mettiamo in cammino.
Gianluca
Carmosino è giornalista del settimanale
“CARTA” e ci ha presentato un excursus sui
segni positivi
e negativi della politica italiana nell’anno
appena concluso, ossia il 2003. Menzionò pure
le ferite e i segni di speranza, tra i quali citò,
come speranza, l’opposizione del 13 di
Novembre della gente di Scanzano Ionico alla
decisione del governo di realizzare una specie
di “cimitero nucleare” nella loro terra. Il
messaggio che Carmosino ci ha dato è stato
questo: il mondo ha bisogno di giovani critici,
con una coscienza critica.
Alla
fine della serata ci fu l’intervento del P.
Alex Zanotelli il quale ci disse che questo
Natale è amaro perché racchiude in sé il
pericolo di guerre religiose. La cosa più
pericolosa per il sistema è il SOGNO. Dobbiamo
tradurre l’utopia nel concreto, come??? Ecco i
passi da lui consigliati:
1
: creare una rete di comunità
2
: fare politica; pesare sui partiti perché solo
sentendo pressione dalla base si muoveranno.
3
: informazione
4:
Problema Europa: rischia di diventare un’altra
potenza economica. Bisogna rifiutare la
militarizzazione.
5:
gli immigrati
6:
Problema multinazionali: tre multinazionali al
mondo potrebbero avere l’intero controllo
dell’ agricoltura mondiale.
Il messaggio finale che ci lasciò fu: Il sistema non è fuori di noi ma
dentro di noi. Dobbiamo far rinascere il SOGNO.
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Preghiera
dopo un incontro della giornata dell'ultimo
dell'anno
Caro
Bambino Gesù,
ti ringraziamo per l’opportunità che ci hai dato facendoci conoscere
la comunità “don Gaudiano”, che accoglie
adulti con un passato difficile, aiutandoli a
rivalorizzare la propria persona e le proprie
qualità. Ti ringraziamo per Riccardo e la sua
musica, per Luca e la sua disponibilità come
autista, per Franco e le domande scomode, per
Gigi e i suoi sorrisi, per Emanuela e i suoi
ricami, per Paolo e le sue poesie, per Laura e
gli scout, per Roberto e i suoi silenzi, per
Stefania e i suoi saluti, per tutti gli
operatori e per la loro grande accoglienza. Dio
fragile e piccolo, ti affidiamo queste persone
con la certezza che già sono nel tuo cuore. Tu,
che ti sei fatto uomo come noi, vivendo ogni
povertà e umiliazione, sei presente in ognuno
di loro. Permettici di vederti sempre in ogni
essere umano.
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