Prima
stazione
L'agonia nel Getsemani: la paura e la
solitudine di Gesù
Dio sogna un mondo comunità fatta di dialogo
|
Perché la
condivisione? Perché il bisogno di partire dai poveri?
Innanzitutto bisogna dire che intervenire nei conflitti deve avere un
senso che va al di là dell'aiuto concreto e materiale. Il farsi carico di
una situazione di sofferenza e di violenza qual è la guerra deve avere
come scopo primario quello di testimoniare che noi, in quanto appartenenti
al mondo dei ricchi, non valiamo più di altri, che la nostra vita non è
più importante di quella dei milioni di persone che muoiono o soffrono a
causa della guerra. Può apparire scontato, ma se ci pensiamo bene non è
così; lo capiamo da come funzionano gli organi d'informazione, dalle
scelte politiche dei nostri governi, che agiscono in base ai parametri
degli interessi economici e del prestigio internazionale, da come noi, il
popolo, spesso rimaniamo per la stragrande maggioranza in silenzio di
fronte alle barbarie che si consumano nel mondo, e il nostro silenzio,
anche se involontariamente, ne diventa complice. Di fatto tutto questo
sancisce il concetto che noi siamo più importanti, la nostra vita è più
preziosa;e non solo, ma anche il nostro benessere è più prezioso della
vita di altre persone. Questo è quello che si recepisce quando andiamo in
una zona di guerra, quando ci troviamo di fronte, come occidentali, a
quelle persone.
Quindi il nostro tentativo di partire dai poveri è innanzitutto questo:
un atto di giustizia, cercare di far sentire alle persone che non sono
dimenticate, che c'è qualcuno che ha a cuore la loro sofferenza. E' un
rendersi conto delle proprie colpe e responsabilità, e un tentativo anche
di chiedere scusa, in qualche modo. Vorremmo che fosse "la tenerezza
dell'amore di Dio" che non si dimentica dei suoi figli e che non si
manifesta attraverso gesti sdolcinati o atti simbolici, ma attraverso una
scelta concreta di condividere la sofferenza, la povertà, il pericolo, la
precarietà. Con tutti i nostri limiti e i nostri peccati, ovviamente. Ma
non devono essere quelli a bloccarci.
Purtroppo ogni guerra nasconde dietro di sé degli
interessi e delle dinamiche talmente grandi che solo pensare a delle
soluzioni appare utopico. Il senso di impotenza e la frustrazione sono
sentimenti che ci accompagnano sempre. E' qui però che il fatto di vivere
a stretto contatto con le vittime della guerra stessa diventa una cosa
grande: loro non possono scegliere, non possono dire "tanto non si può
fare niente", perché è la loro vita. E così attraverso la
condivisione questa urgenza, questo bisogno irrinunciabile che la guerra
finisca diventa anche tuo. Non puoi lasciare le persone soffrire da sole,
non puoi far finta di niente e tornare a casa.
Ci deve essere la Fede, ossia la consapevolezza che se qualcosa di buono
si riesce a fare non è certo per merito delle nostre poche forze umane.
Il Signore ci chiede di vivere qualcosa che Lui ci ha messo dentro, con
umiltà, senza pretendere cose grandi o gratificazioni personali. Ci dice
attraverso il Vangelo che la guerra, l'ingiustizia e l'oppressione dei
deboli sono insopportabili, e vanno combattuti, ci dice che l'amore è
l'arma più potente in mano agli uomini per lottare; ci dice che i poveri
saranno sempre i nostri maestri. E' tutto qui. A noi tocca il compito di
convertirci, ossia di dare spazio a Lui perché agisca. Questa è la cosa
più difficile e che se viene a mancare rende tutto vano
|
Salmo 132 da Carrarini "Salmi
d'oggi" ed. Mazziana |
Preghiera di Acteal
"Soffrendo abbiamo perso la vita, ci hanno
umiliati, ci hanno spogliati,non c'è stata distinzione per nessuno,
donne, bambini, abbiamo corso, ci siamo nascosti ma non è servito a
nulla. Con il machete ci hanno assassinato, il nostro sangue ha irrigato
la terra, gli alberi e ha tinto di rosso l'acqua del nostro fiume. Hanno
aperto quello che doveva essere il nostro corpo anche se stavamo dormendo
nel corpo di nostra madre (le donne incinte) abbiamo sentito tutto. Non
conosciamo il mondo ma la sua malvagità e violenza. Dolore e lacrime
accolsero la nostra partenza, non solo qui ma in tutto il mondo.Senza
dubbio siamo morti per nascere, se nella vita eravamo dimenticati, ora
siamo storia.
Ci hanno uccisi piccoli, indifesi e come i più ultimi perché indigeni,
però siamo rinati giganti ed immortali di nuovo come gli antenati di
questa terra.
Oggi siamo frammenti di luce che impedisce che tutto sia notte, siamo voci
che emergono dalla morte e dal silenzio, siamo speranza, siamo indigeni
tzotzil. Il nostro tempo è stato di morte per fare fiorire la vita, la
dignità, la pace e la memoria. Siamo morti per la diversità, per il
riconoscimento dei nostri diritti come indigeni. Abbiamo dato la nostra
vita per nascere in un mondo migliore dove non dovremo soppravvivere ma
vivere in un mondo per tutti. Siamo questa grande parte della patria
oltraggiata e negata che resiste alla morte nonostante la morte stessa,
tra la dimenticanza, la miseria, la repressione e lo sterminio.Siamo nati
ieri su questa terra e oggi aiutiamo a nascere il domani, in pace viviamo
e lottiamo, riposiamo in pace."
|
|